E’ il sorriso dell’Africa il Senegal: il più accogliente e cordiale che il Continente nero possa offrire a un viaggiatore. Offre la sua storia e il suo futuro, la suggestione di tradizioni che sono ancora vita d’ogni giorno e la modernità di un Paese in grande e costante crescita, offre il miracolo di un Paese dove religioni e culture diverse vivono le une accanto alle altre senza barriere. Un presidente-poeta, Leopold Senghor, lo ha creato e poi guidato dal 1960 al 1980 con saggezza, oggi un altro capo di Stato, Macky Sall, sta regalando al Senegal una crescita economica che ne fa la locomotiva dell’Africa. La crescita annua del suo prodotto interno lordo fa invidia a molti Paesi occidentali: è pari al 6%, e l’impegno profuso da Macky Sall è stato premiato proprio nei giorni scorsi dal rinnovo del suo mandato presidenziale. Conferma registrata al primo turno e dopo pacifiche consultazioni che hanno visto la partecipazione di oltre due terzi della popolazione: un altro dato da far invidia a molti Paesi più avanzati. A riprova che la guida del Senegal ha molto pagine da sfogliare che non ti aspetti.

guida del Senegal

Una guida del Senegal: la scommessa del turismo

Proprio il turismo è la nuova ricchezza di questo Paese e Macky Sall l’ha compreso da tempo: a lui si deve la costruzione del nuovo e modernissimo aeroporto di Dakar e della ferrovia veloce che lo collega al centro della capitale, la costruzione del ponte sul fiume Gambia, la creazione del Museo delle civiltà nere.

A lui si devono progetti per la defiscalizzazione delle attività legate al turismo e l’agevolazione al credito per gli operatori del settore. Il resto lo fa il Paese, per attirare ogni anno di più turisti da tutto il mondo. Il Senegal è tante Afriche in una, mondi diversi per ambiente, storia e tradizioni. Afriche che talvolta sembrano vivere a secoli di distanza l’una dall’altra, anche quando sono solo poche decine di chilometri a separarle.

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Dakar è la capitale. E la guida del Senegal parte da qui. E’ la metropoli moderna ma  ha il cuore antico e polveroso di una medina, il corpo di una trafficata banlieue. Grandi magazzini o quattro assi di legno, ogni occasione è buona per vendere, comprare, chiacchierare, guardarsi, stare insieme. Una sagra di voci e di musiche, ovunque un turbine frusciante di vesti colorate e lucenti.

Le donne senegalesi sono fra le più belle d’Africa e svettano sulle loro ciabattine di gomma come indossatrici in passerella. Anche la povertà qui ha la sua grazia. Ma se Dakar è capitale di un Paese che guarda al futuro, a mezz’ora di traghetto un monumento ci ricorda il suo tragico passato: Gorée, l’isola degli schiavi, un paradiso che è stato un inferno.

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Il tragico passato della schiavitù

L’eleganza delle antiche case portoghesi, le piazzette ombrose che si aprono qua e là a sorpresa, i pellicani che ballonzolano pigri fra le bancarelle di souvenir, pare difficile credere che quest’isola serena sia stata palcoscenico di una tragedia. Per trecento anni è stato il molo verso le Americhe per decine di migliaia di schiavi, provenienti da mezza Africa: partivano da una casa affacciata sul mare che oggi è un museo. Le sue stanze hanno muri spessi che tengono il caldo lontano, ma forse non è solo per questo che i brividi accompagnano la visita.

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Il Senegal è anche vacanze di mare: per primi i francesi hanno scoperto che qui è bello fare i bagni e spaparanzarsi al sole mentre Parigi va sotto zero, oggi lo sanno in tanti, europei e americani. E, fra i tanti, numerosi anche gli italiani che sempre più affollano le spiagge intorno a Saly, capitale dell’Atlantico vacanziero.

Poco distante, il Parco naturale della Langue de Barbarie, per una giornata che si voglia rubare al mare e alle piscine dei cinque stelle, fra le isole di mangrovie che il fiume Senegal disegna correndo verso l’Atlantico, gareggiando in barca con la corrente, a scoprire tartarughe giganti e granchi rosa che zampettano sulla rena. Il Senegal è anche effetti speciali: un lago dove pare che per scherzo siano state rovesciate cisterne di vernice: il Lago Rosa, più a nord. Quando i raggi del sole picchiano nel modo giusto, l’acqua sembra quasi rossa, e tutt’intorno fa da cornice il bianco abbacinante delle rive: distese e cumuli di sale che mani e badili dragano nell’acqua bassa.

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I mille volti del paese

Mondi diversi. C’è Touba, la città santa, con la moschea più grande e bella di tutto il Centr’Africa, il volto rigoroso dell’Islam in questo Paese dove la tolleranza è regola diffusa. Qui valgono le leggi del califfato: anche fumare per strada è vietato. E c’è Fadiouth, l’isola di conchiglie, con il suo cimitero su una collina dove le tombe musulmane e quelle cristiane sono una accanto all’altra, croci e mezze lune insieme.

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C’è l’Africa che si aspetta di vedere chi non è mai stato in Africa: capanne dai tetti di paglia, marmocchi appesi ai seni delle madri, caprette a zonzo, manca solo il pentolone con l’esploratore a bagnomaria. Non mancano invece i bambini che ti rincorrono e ti regalano sorrisi sfolgoranti in cambio di una biro usata. C’è Saint Louis, la città coloniale, con il suo convulso quartiere dei pescatori, la spiaggia affollata di lunghe e affusolate piroghe multicolori, le voci, gli odori di un caotico mercato sulla spiaggia, e con il suo Festival internazionale del Jazz, un appuntamento ogni anno per ricordarci quanto la musica non conosca confini di tempo e di luogo.

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La natura, gli animali. E la forza dell’Africa

Mondi diversi e paesaggi naturali differenti. Ogni guida del Senegal vi racconterà di estuari di grandi fiumi, intricate macchie di mangrovie nella corrente, ippopotami, alligatori e pellicani, stormi di fenicotteri rosa che coprono il sole, stagni e paludi da attraversare a chiglia piatta. E i grandi parchi, dove far man bassa fotografica di tutto il resto che la fauna centr’africana sa offrire. Colline che sembrano montagne in questo Paese di pianure, improvvisi squarci di roccia in mezzo alla foresta, pozze d’acqua limpida e cascate per una doccia ritemprante.

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Questo è il Senegal che Macky Sall vuole offrire al mondo. Sa che la sua è una delle poche Afriche quiete in questo tempo turbolento. “Teranga” – spiega – non si traduce con la semplice parola “ospitalità”, esprime molto di più: accoglienza, rispetto, attenzione, gentilezza, allegria ed il piacere di ricevere un ospite nella propria casa. Anche chi non conosce la lingua senegalese questa parola può impararla in fretta, atterrando a Dakar.

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