“E’ difficile convivere con un vicino ingombrante”, sorride Gaudenzio, fermando il rastrello fra le aiuole. Se quel vicino, poi, si chiama “Maggiore” come il lago, il perché è presto detto. E allora diciamolo: il Verbano è forse il dirimpettaio famoso, ma il lago d’Orta è tutta un’altra cosa. Da chiamare col suo antico nome: Cusio. Piccolo lago coraggioso, proprio come quel “piccolo mondo antico” che Antonio Fogazzaro immaginò fra Valsolda e Lugano, ma che poi la Tv, con la regia di Mario Soldati, ambientò su queste rive piemontesi, rendendole per sempre famose, nel film del 1941 con Alida Valli. Le coordinate del lago D’Orta sono importanti: non siamo ancora in Valsesia; non siamo lontani dalla val D’Ossola. Però, le definizioni “per esclusione” non piacciono alla gente del posto che, infatti, ti sciorina le sue “eccellenze”. Dal passato arrivano, santi, sacri monti, partigiani e un’”età del ferro” che ha concentrato nella zona i marchi mondiali più prestigiosi di casalinghi ed elettrodomestici. Scrittori, registi, monache, sportivi e perfino uno chef stellato come Antonino Cannavacciuolo hanno, invece, eletto, in tempi moderni, il piccolo Cusio come dimora. E per visitare il lago d’Orta da Omegna a San Giulio fino al Sacro Monte tutte queste cose è meglio tenerle a mente.
Visitare il lago d’Orta da Omegna a San Giulio fino al Sacro Monte: la storia
Ne capisci le ragioni ad Omegna, dove il lago sembra una piccola macchia d’inchiostro che si allarga appena rispetto alla “calligrafia” del fiume. Eppure, come diceva Gianni Rodari, fra i “vip” del Cusio, “In principio la terra era tutta sbagliata” e quindi a casa sua anche il fiume va al contrario. “La Nigoglia scorre in su e la legge la facciamo noi”, è scritto, in dialetto, sotto i portici del Comune: già, questo torrente non si immette nel lago, ma ne esce, corre verso nord e, attraverso le acque di Strona e Toce, va ad alimentare proprio quel ”grande fratello” del lago Maggiore che, quindi, anche al piccolo Cusio deve le sue acque. Omegna è un borgo con tante storie: non ci sono solo la cultura e la fantasia con Gianni Rodari, ma anche la storia, con il partigiano Filippo Beltrami, l’industria ferriera e il suo distretto e l’epopea di Lagostina, Girmi, Bialetti e Alessi. Qui una cascatella artificiale fa incontrare le acque del fiume e del lago ed il paese ruota tutto intorno a questo passaggio fiorito che da forma a Largo Cobianchi. Da un lato case colorate dai profili irregolari si snodano, fra portici e botteghe fino alla collegiata di Sant’Ambrogio di Piazza Beltrami che vanta affreschi del 1547 sui santi patroni del Cusio e poi giù fino alla casa di Rodari, al 56 di via Mazzini.
L’altro lato del paese lo profila una passerella sospesa sul torrente: un’invenzione moderna, che permette un gesto antico, quello di chiacchierare con chi, dalle case, si affacci ai balconi del retro, fra panni stesi e fiori al sole. Seguendo la passeggiata a picco sulla Nigoglia si arriva al “Parco della fantasia” che riesce a mettere insieme le invenzioni della “cosmogonia” di Rodari alla vocazione industriale di questo angolo fiero di Piemonte.
Visitare il lago d’Orta da Omegna a San Giulio fino al Sacro Monte: le fabbriche
Lo chiamano “Forum” e, dal 1997, al posto dell’ex ferriera Cobianchi è un giardino incorniciato da una serie di negozi, bar ed esposizioni. A dare il benvenuto è la “linea” di Osvaldo Cavandoli, protagonista degli spot di Lagostina che aprì i battenti nella zona nel 1919. Negli anni Trenta è da qui che Bialetti, con la sua moka, insegnò a bere il caffè al mondo. Poco prima era arrivata, su a Cireggio, anche Girmi. Oggi i marchi sono tutti “esteri”, fusi o acquisiti. “Il sogno della gente era il posto fisso in fabbrica così si sono abbandonati mestieri più antichi, dal vino alla pesca”, spiega Enzo Lomaglio dalla bottega di famiglia, lungo la provinciale che si segue per visitare il lago d’Orta da Omegna a San Giulio fino al Sacro Monte. “Questo è uno dei laghi più puliti d’Italia, eppure nessuno pesca per professione” chiude lui allargando le braccia.
Visitare il lago d’Orta da Omegna a San Giulio fino al Sacro Monte: il lago
Tutti però, prima o poi, giungendo sul Cusio, cercano la “star”, quella Orta che accarezza il lago, sporgendosi da una penisola ricca di vegetazione. Il paese ti da il benvenuto con i suoi tetti in ardesia scura. Un gomitolo di vicoli e scalette acciottolate ricama uno dei borghi più vezzosi del Belpaese. Niente auto. Solo piedi. E buone scarpe. Che servono davvero se, oltre a piazza Motta e al cinquecentesco palazzo della Comunità con il suo portico, si vogliono scoprire gli angoli più reconditi. Per chi non tema la stanchezza c’è la salita della “Motta” che conduce alla parrocchiale dell’Assunta che svetta sul centro. In paese chi ha qualche primavera in più misura la sua salute percorrendola almeno una volta al giorno. Se il fiato è corto si può fare uno stop a mezza via anche per sbirciare gli eleganti ambienti di palazzo Penotti Ubertini che da alcuni anni ospita mostre ed eventi aperti al pubblico nelle sue sale settecentesche. Tornati a “riva”, via Olina e via Bossi compongono il “budello” del centro. Il lago si scorge solo da alcuni vicoli che regalano una teoria di case barocche fra portali in bugnato, logge e cortili. Sul lungo lago i pontili dell’approdo sono trasformati in eleganti lounge bar, come all’Hotel San Rocco. Ma quando cala la sera il lago fermo si fa scuro. E visitare il lago d’Orta da Omegna a San Giulio fino al Sacro Monte significa rallentare il passo, farsi prendere dal tempo dei luoghi. Assaporare anche il silenzio.
E allora ci si “ripara” fra le osterie di piazza Regazzoni e “in salotto”: piazza Motta è tutta un brulicare di bar. La notte qui è color miele con le luci del borgo che rivaleggiano con quelle dell’isola di San Giulio. Le barche beccheggiano pigre, in attesa dei turisti dell’indomani, e le panchine sulla riva sono un posto in prima fila con l’emozione. Per visitare il lago d’Orta da Omegna a San Giulio fino al Sacro Monte e coglierne la suggestione questa panchina può essere un buon punto di partenza.
Visitare il lago d’Orta da Omegna a San Giulio fino al Sacro Monte: l’isola
“Se ad Omegna si lavora, qui si prega e basta”, sintetizzano i marinai, pronti a regalarvi un “up grade” spirituale, sbarcandovi in 10 minuti sull’isola che “calamita santità”. Qui stava il barone Lamberto secondo Rodari ma, stando agli annali, vi era già sbarcato, nel IV d.C. secolo San Giulio, navigando a bordo del suo mantello per scacciare serpenti e draghi e fondare la sua centesima chiesa. Ci riuscì: la sua storia si ritrova nelle basilica romanica che porta il suo nome. Con la sua mole di pietra sembra “tenere a galla” l‘intera isola: tanto robusto l’esterno, tanto etereo è il suo interno fra affreschi barocchi ed un ambone in marmo nero del XII secolo, fra i capolavori da non perdere. Nel 1973, sull’isola, giunsero da Viboldone, fuori Milano, anche cinque benedettine: oggi sono una settantina e sono riuscite a costruire un piccolo ponte, profumato di mughetto, per circolare indisturbate fra i due edifici del monastero, anche durante il giorno che “spetta” ai turisti. Il loro convento non è aperto al pubblico, ma il laboratorio di restauro – fra arazzi, icone e libri antichi – è noto in tutto il mondo. Hanno studiato all’Opificio delle pietre dure di Firenze, o meglio: dalla Toscana sono venuti a tenere dei corsi a domicilio, data la regola della clausura. Clausura: quindi silenzio. Sull’isola oltre a un piccolo negozio che profuma d’antico c’è solo il ristorante San Giulio. San Giulio ha un’unica strada: la chiamano “via del silenzio” e alcune massime impresse su insegne di ferro battuto aiutano la concentrazione, mentre le brume e gli scorci sul lago calmo e denso, completano la magia. Poco prima dell’imbrunire come Cenerentola, tutti in barca di nuovo ad Orta: perché sull’isola si è solo ospiti. E non si deve scordarlo.
Visitare il lago d’Orta da Omegna a San Giulio fino al Sacro Monte: le statue
E allora che lo si vede: “Già stati al Sacro Monte?”, chiede il capitano della barca col sorriso di chi sa già come vanno le cose. “E’ la casa di San Francesco, noi qui siamo pervasi dalla santità”, scherza fra il serio e il faceto. Una mezz’ora di salita a piedi dal centro di Orta, o più comodamente in auto o con un disneyano trenino turistico, ed eccolo, il Sacro Monte di Orta. Fra i 50 complessi devozionali italiani di questo tipo, quello di Orta è l’unico dedicato al poverello di Assisi e non alla Passione di Gesù. “Perché lui è l’alter Christus”, spiega la guardia parco e con le sue sofferenze in vita ha rispecchiato ed incarnato il messaggio di Gesù. Venti cappelle, ognuna con uno stile, dal Rinascimento, al Barocco, al Rococò. Centinaia di affreschi e diorami con 376 statue in terracotta policroma, realizzati in quasi due secoli a partire dal 1583, concorrono a riprodurre “in 3D” la vita del santo. Ogni cappella sembra la puntata di un “reality”, fra statue a grandezza naturale che hanno fattezze molto realistiche. “Diciamo pure reali!”, precisa la guardia parco. Somigliano, anzi ritraggono, la gente dell’epoca che ispirò alcuni personaggi. A qualcuno andò bene, qualcuna, pare, si ritrovò troppo somigliante a un diavolo. Quel che conta , in fondo, è passare alla storia. In tutte le cappelle c’è una grata da cui ammirare le scene: simboleggia la Chiesa cattolica che è l’unico “filtro” per interpretare i vangeli, in contrasto con il credo protestante che “ridimensionava” il ruolo della Chiesa.
Visitare il lago d’Orta da Omegna a San Giulio fino al Sacro Monte: la vista
“L’obiettivo dei Sacri Monti era insegnare per immagini e rinsaldare la fede”, aggiunge la guardia parco, “tanto più in epoca di Riforma e Controriforma”. L’idea era di portare “a domicilio” l’esperienza del pellegrinaggio ai luoghi sacri dato che raggiungere Gerusalemme non era impresa alla portata di tutti. “Li costruirono perché li volle la Chiesa e ne crearono sempre più perché piacquero alla gente”, spiegano dal parco che oggi, a prescindere dalla spiritualità dei visitatori – e sono circa 60mila l’anno -, è un vero giardino dell’anima fra oasi di silenzio che profumano di piante aromatiche e fiori. L’autunno è un buon periodo per la visita: c’è la festa di San Francesco mentre San Giulio ricorda la fondazione del convento. Tutto sembra fermo nel tempo. Eppure quegli occhi delle statue ti seguono e dopo secoli ti parlano di un messaggio ancora moderno. Lodare il creato e viverlo appieno. Affacciandosi dal viale Gaudenzio Ciana il panorama su Orta e San Giulio è, guarda caso, divino. Già, l’isola delle monache: in lontananza sembra ferma, quasi dipinta. Poi una finestra si muove. E si chiude sul mondo, mentre, forse, una porta si apre sull’anima.
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