Sembra un luogo fatato, nato dalla matita di un bambino. Si, perché solo la fantasia di un bambino potrebbe avere inventato quelle case di favola che sono i trulli. E dopo averli disegnati è stata capace di piazzarli in una terra così verde e piena di profumi. Eppure, scorrendo la guida della val D’Itria capisci che è tutto vero, che non è il disegno di un monello pieno di fantasia. Che qui sono l’uomo e la sua storia ad aver dato vita ad un simile scenario. Dove la terra è rossa, gli ulivi verdi e i trulli bianco candidi. Una bandiera di meraviglia.
E allora cerchiamo di scoprire questo catalogo di colori che si miscelano nella valle d’Itria, un angolo di bellezza in Puglia, tra le provincie di Bari, Brindisi e Taranto, racchiusa, grosso modo, tra i comuni di Alberobello, Cisternino, Locorotondo e Martina Franca. Dove un tempo c’era l’acqua. Questo terreno infatti era in epoca preistorica il fondale di un mare che poi emerse e che dette vita ad una valle di tipo carsico che per secoli poi fu coltivata a vigneti mentre sottoterra si formarono grotte e gravine più o meno grandi. E la più celebre è quella di Castellana.
Sotto cavità, sopra terra fertile: e ogni guida della val D’Itria vi racconterà dei profumi della macchia mediterranea che qui esplode nel suo fulgore mentre, fin dall’epoca dei greci, lo spazio venne conteso per vigneti e uliveti. Altri simboli della zona che circondata com’è dai monti delle Murge gode della carezza del vicino mare.
Il segreto dei trulli
Ma per tutti questa è la valle dei trulli. E da queste strane costruzioni dobbiamo partire. Spiegando che sono case- non case. Non è uno scherzo: la loro storia nasce infatti dalla esigenza dei pastori di mettere in piedi dei ripari con le pietre trovate sul posto, a due passi dal pascolo o vicino ai campi. Col tempo i vicerè di Napoli stabilirono che per costruire case con malta, e quindi resistenti e fisse, occorresse pagare una grossa somma. Era un problema e la povera gente di qui decise di aggirare l’ostacolo innalzando i trulli che erano edifici che però essendo fatti a secco, senza un legante appunto come la malta, potevano essere smontati in pochi minuti. E quindi non pagavano nel caso di una ispezione.
Furbizia? Di certo. Ma anche un colpo di genio perché hanno dato vita allo spettacolo unico di queste casette tonde con un tetto a cono che finisce con un pinnacolo e che ad Alberobello coprono una intera collina. E infatti quelli arrivati sino a noi, ormai ben diversi dalle misere casupole di un tempo e ormai attrazione turistica nota in tutto il mondo, sono oltre 1500.
La guida della val d’Itria: Alberobello
Il paese dei trulli è una cosa unica al mondo. Ed infatti si capisce da come è stato travolto dal turismo. Tuttavia merita di essere visto. Ed è facile da girare. Il cuore della zona dei trulli è il Rione Monti che sale verso la parte di una collina con piccole strade parallele fiancheggiate dalle case bianche. Qui i trulli sono oltre 1000 mentre nella zona chiamata Rione Aia piccola ce ne sono altri 400. Voi lasciate andare le gambe, scattate foto e sbirciate l’interno dei trulli – molti diventati negozi di souvenir e locali – fino a raggiungere la parte alta della collina dove si trova chiesa di Sant’Antonio da Padova. Che è ovviamente, a sua volta, ha la forma di un trullo.
Poi camminando potrete incontrare i pezzi più famosi come i Trulli Siamesi, curiosamente uniti, ma anche quello chiamato Sovrano, che si alza su due piani e soprattutto il Museo del territorio che occupa una quindicina di trulli collegati tra di loro. Per finire salite la scala e arrivate al Belvedere Santa Lucia: da qui si può ammirare il panorama di Alberobello dall’alto e scattare qualche foto. Ricordate però: spesso si fa la coda visto l’affollamento. Ma per vedere questo surreale panorama inventato da un bimbo geniale vale la pena di aspettare.
Cisternino, bianco labirinto
Ma continuiamo a sfogliare le pagine della nostra guida della val D’Itria. E la prossima tappa è Cisternino che anche senza la magia dei trulli o di monumenti particolari colpisce e affascina per la sua atmosfera serena e autentica. E per le lusinghe per il palato visto che tra i vicoli di case bianche e macchie fiorite spuntano alla sera i negozi e le macellerie che si trasformano in bracerie: e mangiare carne appena arrostita in quel magico contesto è qualcosa di speciale.
Ma la vera scoperta è quella di passeggiare tra i vicoli bianchi dove le case sono abbarbicate le une sulle altre, unite da archi, scale e volte irregolari, fino in cima di questo colle dove gli antichi Messapi costruirono il primo insediamento poi diventato romano e dedicato ad un eroe della Guerra di Troia. Anche se poi, come sempre, l’attuale volto al paese è stato dato dai mille invasori che si sono succeduti nei secoli. Il centro della cittadina comunque è nella piazza Garibaldi dove spicca una torre normanna che serviva da punto di osservazione sulla valle anche se oggi per ammirare le distese di ulivi e la piana in basso il posto migliore è il belvedere che si trova in fondo alla villa comunale.
Poi via a zonzo tra le varie zone che qui compongono il centro storico e che hanno nomi particolari: “Bère Vécchie”, “Scheledd”, “UPantène”, “L’ìsule” e “u Bùrie” che si allargano in un gomitolo di stradine, piccoli slarghi e vicoli ciechi fino ad arrivare alla chiesa dedicata a San Nicola e ammirando i palazzi come quello del Governatore, palazzo Pepe o palazzo Cenci. Ma soprattutto alzando lo sguardo cercando scorci inattesi e sorprendenti.
Locorotondo, il paese circolare
Sorprendente è, comunque, ogni pagina della guida della val d’Itria e sicuramente lo sarà la prossima tappa: Locorotondo. Il nome deriva dal fatto che un tempo aveva, appunto, una forma tondeggiante. Ora quel cerchio si è in parte perso ma è rimasta la bellezza di questo paese a 400 metri sul livello del mare e inserito tra i Borghi più belli d’Italia. Anche qui, prima di entrare tra i vicoli e le piazze, conviene far andare lo sguardo sulla pianura verde di alberi e chiazzata del bianco di trulli e masserie mentre nel centro quello che spiccano sono i balconi pieni di fiori e i tetti a punta delle cummerse, le classiche case tipiche della zona. Ennesima architettura che rimane impressa negli occhi e nel ricordo.
Chiese affrescate e assaggi di vino
Poi è il momento di passeggiare passando dalla chiesa Madre di San Giorgio alla chiesa di San Nicola ammirandone gli affreschi e i bassorilievi ma soprattutto alla Chiesa Madonna della Greca con decorazioni antiche e un polittico rinascimentale dedicato alla Madonna delle Rose. Poi, la doverosa sosta per omaggiare l’altro laico simbolo del paese: il vino Locorotondo Doc che nasce proprio in questa parte della piana da sempre fortunata per bellezza e sapori.
Andiamo ora verso l’ultima tappa nella nostra gita tra le bellezze della val D’Itria. E arriviamo a Martina Franca, il centro più popoloso della zona e unico per lo stile delle sue case dove regna il barocco. Un po’ come accade a Lecce anche se qui siamo in provincia di Taranto e questo barocco è speciale tanto da essere definito, appunto, Martinese. Anche Martina Franca si trova su un altopiano ed è stato abitato da sempre anche se il suo periodo d’oro è stato nel ‘700 quando sorsero i palazzi più belli tra cui non si può non citare il palazzo Ducale con le sue sale ricche di affreschi e la basilica di San Martino che, nel cuore del centro, colpisce per la facciata maestosa dove spicca la statua del santo patrono.
Olio, cime di ripa e angoli di pace
Poi, come sempre, lasciate fare alla fantasia e alla curiosità e vagate tra i palazzi e le piazze godendovi lo struscio sulla strada principale, corso Messapia e cercate un posto dove assaggiare il classico vino bianco Dop Martina Franca magari da abbinare ad piatto a base di cime di rapa, uno dei simbolo gastronomici della Puglia insieme al pane locale e all’olio d’oliva. Quindi, finite alla villa comunale, angolo di pace tra alberi e fontane, scoprendo il fresco del verde e respirando l’atmosfera rilassante. Tra trulli e palazzi di marmo bianco, comunque, qui c’è sempre una aria speciale.
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