Utai, utai, utai, megghiu te la casa mia nu truai”. Lo pensano i leccesi, ma anche i molti estimatori di questo angolo barocco della Puglia che, nella capitale del Salento, tornano proprio perché si sentono come a casa e che ripetono: “Per quanto abbiano girato, di meglio non abbiamo ancora trovato”. Lecce ha il cuore d’oro: è quello della sua pietra bianca e porosa che il sole illumina rendendola calda, quasi gialla. E ogni guida di Lecce vi dirà che da qui occorre partire. Dalla pietra e dall’amore della gente.

Guida di Lecce: partiamo da Santa Croce

E’ fragile il calcare salentino, ma è così bello che il duomo oppure la basilica di santa Croce “non sarebbero venute così bene”, puntualizzano sempre gli abitanti quando, giunti in via Umberto I si resta come sospesi, naso all’insù ad ammirare le complesse, finissime decorazioni della facciata della chiesa plasmate da Gabriele Riccardi,  iniziata nel 1548 e completata più di 150 anni dopo.  Un dettaglio: in realtà la chiesa fu iniziata nel 1353 ma non fu completata fino a quando finita la facciata. Una ricchezza che si ritrova nelle incisioni sul portale, sul rosone e sull’intero fronte della chiesa. Leoni, aquile, grifoni e figure umane sostengono cornici e spuntano in mezzo a una profusione di frutta, foglie e creature fantasiose.  E la guida di Lecce qui deve spendere parole per raccontare tanta ricchezza.

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Aria di barocco. E assaggi di bellezza

Anche  all’interno di respira aria di barocco con  le colonne che separano le navate sormontate da capitelli  ornati in maniera sontuosa e le cappelle laterali piene di pietre ornamentali. Sarebbe già tanto se vicino non ci fosse anche  facciata ampia e molto ornata del convento dei Celestini. Un tempo apparteneva alla chiesa, ma ora è il Palazzo del Governo e della prefettura. Ma la pietra resta la stessa.

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Lo stesso fascino che si ritrova,  girato l’angolo di via Vittorio Emanuele, quando  ti perdi nell’abbraccio largo di piazza Duomo. Ha la stessa  solennità di certi slarghi che incontri tra i  palazzi romani, non fosse per quel profumo e quella brezza che solo il vero Sud sa regalare. E che fa la differenza. L’ampia piazza del Duomo è racchiusa da una serie di notevoli edifici, il principale dei quali è la cattedrale stessa, con il suo alto campanile affusolato. Il più cupo dei due ingressi della cattedrale è rivolto verso il Palazzo Vescovile,  che ha una loggia e intagli decorati attorno alle finestre.

Di fronte alla piazza si trova anche il seminario, costruito nel 1701, con una facciata decorata e un cortile con una fontana. Poco distante da Corso Vittorio Emanuele II si trova la chiesa dei Teatini di Sant’Irene, iniziata nel 1591 e contenente uno degli altari più grandi della città nel suo transetto destro.

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Una guida di Lecce: tra dolci e musica

Lecce ha il colore della sua pietra. Ma mille sapori: è quello del pasticciotto, corposo e sincero, con cui è d’obbligo iniziare la giornata. Frolla spennellata di albume, strutto d’ordinanza, crema ma anche confettura alla frutta: un boccone goloso e micidiale che molti ritengono sia nato nella vicina Galatina, a supporto chissà, anche delle impegnative notti di taranta, per diventare poi un must di tutto il Salento. “Non lo mischiare coi frutti di mare”, ti suggerisce, chiarendo l’impegno calorico e metabolico, Francesca, allungandolo, ancora caldo, nel tovagliolo da una pasticceria di piazza sant’Oronzo.

Eppure, tranne che in tavola, il segreto di Lecce è proprio nel mix con cui oggi sa distillare diverse culture. Basta girarsi e partire proprio da piazza Sant’Oronzo che racconta di un cuore romano e lontano. Poco oltre c’è il teatro di epoca augustea scoperto per caso a fine anni Venti e poi ci sono le rovine di un anfiteatro in tufo che, forse di età adrianea, potevano accogliere fino a 20mila persone.

Spuntano in sant’Oronzo, ma solo per metà, ad abbellire il salotto en plein air, cuore civile del centro. E’ bello pensare che l’altra metà della storia, giaccia ancora sottoterra per lasciare spazio a tanti altri capitoli, come quello della colonna della piazza, eretta come ex voto dopo la peste del Seicento, utilizzando le pietre con cui terminava la via Appia sul mare. Nel medioevo Lecce rivaleggiò in importanza e bellezza con Costantinopoli ed anche con Venezia.

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Il castello di Carlo V

Nel 1539 Carlo V ci fece costruire un castello che ancora oggi è una quinta d’eleganza a pochi passi dal centro. Ha  una pianta trapezoidale e fu usato, ovviamente,  come fortezza per le attività militari, ma una parte di esso si trasformò in teatro. Oggi, continua in un ruolo culturale con i suoi bellissimi spazi interni con capitelli scolpiti e vetrate utilizzate come spazio espositivo.

Al piano terra si trova l’affascinante Museo della cartapesta che esplora un mestiere per cui Lecce è famosa. L’arte, sviluppata in Puglia nel XVII secolo, era particolarmente apprezzata per decorare chiese; vedrai statue in cartapesta e decorazioni a soffitto e potresti vedere anche negozi e botteghe  a Lecce dove questo artigianato è ancora praticato.

Gli spagnoli e il barocco

E’ però più tardi che Lecce diviene madrelingua barocca: la portarono gli spagnoli e la lezione della Controriforma e grazie a questa pietra morbida e malleabile, qui le decorazioni, più che altrove, sono un’impennata di virtuosismi, fra putti, pinnacoli, stucchi e bizzarre suppellettili. Per capire basta seguire via Libertini fino alla chiesa del Rosario, col suo opulento pulpito, oppure passare in rassegna l’espressione delle curiose cariatidi di piazza Falconieri, che decorano il prospetto di palazzo Marrese.

La guida di Lecce. E dei paesi dove si parla greco

Eppure poco lontano c’è anche un cuore che batte in greco: fra Calimera – che significa proprio buon giorno in neo greco – Castrignano de’ Greci e Corigliano d’Otranto è il griko che risuona da negozi e botteghe di ben nove comuni ellenici. Non è proprio la lingua di Platone o quella che si parla nel cuore di Atene, ma molto ci somiglia perché in Salento tutto si è mischia e tutto prova a rimanere com’era, a testimoniare l’unione nella differenza e una sintesi perfetta fra culture.

Fra un rustico, con la sua pasta sfoglia ripiena di mozzarella, besciamella, pomodoro, pepe e noce moscata, ed una puccia, il tipico pane di grano duro condito o farcito di olive (con nocciolo!) potrebbe anche venir voglia di farsi una nuotata “a mare”. Per smaltire i sapori di Puglia. Ed anche in questo caso, Lecce è la virtù che sta nel mezzo. Otranto e l’Adriatico oppure lo Ionio con Gallipoli sono entrambi a mezz’ora di auto. Leuca con il suo finis terrae e l’abbraccio fra i due mari che compongono il Mediterraneo, solo poco oltre. Li chiamano i Caraibi del Salento. Ma, per fortuna, meglio del mare di casa davvero non c’è nulla.