Guida di Napoli: le mille storie di una città del mondo classico
D’altra parte è però vero che Napoli è una città complicata, faticosa, stratificata, dove sotto l’apparenza di un sapore e di un sapere c’è sempre qualcos’altro, un altro strato, una sorpresa, retaggio dei mille popoli – dai greci agli arabi ai normanni ai francesi – che l’hanno governata. Senza riuscire a snaturarla. E un grande scrittore-viaggiatore, Guido Piovene lo ha riassunto in una sola frase: “Spaccanapoli e i vicoli che la circondano sono l’unico mezzo a nostra disposizione per capire cosa fosse una metropoli del mondo classico. Nemmeno Roma ce lo illustra con la stessa evidenza. Dovunque si volge lo sguardo, si scorgono sotto scorci strani o in cannocchiali sghembi scale, tabernacoli, chiese, obelischi barocchi”. Ecco, noi andiamo a scoprire questa metropoli. E le cose che non si devono perdere.
La nostra guida di Napoli parte dal mare: per la precisione dalla striscia di tre chilometri che va da via Nazario Sauro a Mergellina. E’ molto amata dai turisti ma chi lo ama di più sono proprio i napoletani. Qui si viene per passeggiare, mangiare in uno dei tanti locali e soprattutto riempirsi gli occhi con alcuni scorci unici. Nel primo tratto che sfiora il molo di Santa Lucia e arriva a Castel dell’Ovo ci sono i grandi hotel sfarzosi che si ritrovano anche nel secondo tratto quello di via Partenope, dove spicca il Grand Hotel Vesuvio (quello dove abitò il tenore Caruso) e dove vale la pena di sostare in alcune pizzerie ormai celebri (una per tutte: Gino Sorbillo Lievito Madre).
Quindi è la volta di via Caracciolo, con la villa comunale, e infine via Mergellina che arriva sino a Piedigrotta. E sopra sporge Posillipo. Da qui partono i traghetti e qui si viene per mangiare il gelato. Oltre a guardare e farsi guardare.
Il castello dove nacque la città
Da guardare è certamente anche Castel dell’Ovo, il castello più antico della città, che sorge nel punto dove fu fondata Parthenope dai cumani nell’VIII secolo a.C. Nel corso dei secoli ha subito rifacimenti, danni e conosciuto un ingiusto abbandono. Oggi, però, è visitabile da parte dei turisti e nelle sue sale si svolgono eventi. Dall’alto delle sue mura il panorama è speciale e anche il Vesuvio sembra diverso. Mentre ai suoi piedi, nel borgo Marinari ci sono locali eleganti e circolo nautico la Vela si ritrova la Napoli che conta.
Ma ora voltiamo le spalle al blu: e andiamo verso il cuore della città. E il cuore, come recita ogni guida di Napoli, significa piazza del Plebiscito, una delle più grandi d’Italia, nata dall’ambizioso progetto di Gioacchino Murat che si immaginò un gigantesco “Foro Gioacchino”. Era uno che pensava in grande: ma fece una brutta fine e la piazza diventò invece Ferdinandea, Qui tuttavia si affacciano ancora oggi il Palazzo Reale e la basilica di San Francesco di Paola mentre, al centro, spiccano due grandi statue di bronzo. Una è del Canova.
Avendo tempo per la visita dedicatene un po’ al Palazzo Reale che fu iniziato nel 1600 ma venne terminato solo dopo oltre un secolo e occupa il lato est della piazza. All’interno ci sono saloni, appartamenti reali con opere d’arte e uno scalone in marmo bianco che evoca grandeur ma anche la Biblioteca Nazionale e, da qualche tempo, si è tornati a visitare il giardino pensile.
Una basilica e un caffè
Poi, uscendo dal palazzo, non si può non andare a scoprire la Basilica Reale di San Francesco di Paola, un importante esempio di architettura neoclassica voluta da Federico I delle Due Sicilie come ex voto per essere tornato alla guida del regno. E’ maestosa e il rigore della sua facciata rende speciale l’intera prospettiva.
Dopo una sosta per un caffè al celebre Gambrinus – e anche questo è un museo alla più profonda napoletanità – spostiamoci verso il teatro San Carlo che vanta diversi record. E’ uno dei più grandi d’Europa ed essendo stato terminato nel 1737 è il più antico teatro nel continente ad essere attivo senza interruzioni fino ad oggi. Fu voluto da re Carlo di Borbone che non badò a spese volendo lasciare un vero gioiello per dare lustro alla propria corona. E ci riuscì. La acustica è eccellente, le dimensioni enormi (ospita oltre 1300 spettatori) e ha avuto sul suo podio nomi come Rossini e Doninzetti. Dal 2011 lo affianca nel Palazzo Reale il Memus, il museo del teatro, che offre la possibilità, grazie alle nuove tecnologie, di tuffarsi nella storia e nella magia di questo tempio della musica classica e lirica.
Entrare nel castello per la porta trionfale
Andando oltre nella visita del centro si arriva di fronte al Castel Nuovo, noto anche come Maschio Angioino, dal nome della casata che lo fece costruire nel XIII secolo. Anche se poi la sua forma attuale e ciò che ne è rimasto lo si deve ai passaggi dei soliti francesi, aragonesi, spagnoli e austriaci e alle loro invadenti manomissioni. All’interno c’è un bel museo con opere che spaziano dal ‘300 al secolo scorso e diverse zone da visitare come la cappella Palatina, la sala delle Armerie e la sala dei Baroni. Ma quello che colpisce di più ancora oggi è l’ingresso attraverso un arco trionfale della seconda metà del 1400. Un capolavoro del gotico che ormai stava tramontando ma che comunque è arrivato sino a noi a rendere speciale questo luogo.
Poi, doverosa, la passeggiata prosegue per il centro, nelle strade piene di vita con una sosta per una pizza o una sfogliatella (provate quelle di Mary, un locale minuscolo all’imbocco della Galleria Umberto o da Scaturchio, proprio nella piazza San Domenico Maggiore) per poi arrivare alla trecentesca San Domenico Maggiore, una tra le chiese più belle e ricche di Napoli. La chiesa faceva parte di un convento domenicano e che ospitò persino San Tommaso d’Aquino che qui fu docente di teologia.
Guida di Napoli: il Cristo velato e le macchine anatomiche
Non lontana poi, e assolutamente imperdibile, c’è la Cappella Sansevero, costruita nel 1590 come cappella privata della omonima famiglia e in seguito cappella funeraria. Ma fu due secoli dopo che l’eccentrico principe alchimista e scienziato Raimondo di Sangro le diede la forma attuale, riccamente barocca, con opere d’arte tra cui, splendido, il Cristo velato del Sammartino: è un blocco di marmo unico e scolpito ma la pietra è stata lavorata con tale maestria che pare impossibile non sia una rete impalpabile ad avvolgerla. E viene naturale provare a toccarla.
Nel sotterraneo poi una altra sorpresa: qui si trovano due macchine anatomiche, ovvero due scheletri da cui è stata tolta la carne ma è stato costruito un sistema venoso perfettamente simile al vero. Sono un po’ macabri ma interessanti. E dopo due secoli e mezzo ancora ci si chiede come siano stati realizzati visto che anche con le tecniche attuali non sarebbero un progetto facile da realizzare. E anche per questo il principe venne accusato di aver ucciso due servi per avere la materia prima necessaria ai suoi misteriosi esperimenti.
Volete qualcosa di meno scuro e tetro? Nessun problema, basta sfogliare la guida di Napoli per arrivare in poco tempo al monastero di Santa Chiara, un complesso francescano fondato nel 1310 e che è sopravvissuto al tempo, alle guerre e alle bombe. Mantenendo il suo fascino ed il suo campanile.
I colori di Santa Chiara
Non ha mantenuto però sempre la stessa apparenza: nato in stile gotico è stato trasformato in una chicca barocca anche se poi, alla fine, quello che colpisce di più è il chiostro che è un trionfo di maioliche colorate. Tanto vivaci e sfolgoranti da apparire decisamente lontane dalla sobrietà riflessiva della vita dei monaci. Ora la visita permette di vedere le varie zone del convento – che in realtà erano due, uno maschile e uno femminile – e intuire quanta storia ha sfiorato questi muri che hanno sconfitto i secoli. Qui, durante i lavori di ripristino dopo la guerra, si è scoperto persino uno spazio termale di epoca romana. Che Napoli, si sa, è fatta a strati.
Abbiamo parlato di storia. Per apprezzarne la ricchezza si deve fare una sosta al Museo Archeologico Nazionale che per valore dei pezzi esposti e per ricchezza della collezione è tra i più importanti al mondo. E non è un caso: questo museo ospita opere appartenute ai Borbone, ai Borgia, ai Farnese – che furono potentissimi a Roma, duchi di Parma e alcuni di loro salirono anche al soglio papale – oltre a reperti arrivati da Ercolano, Pompei e Cuma. Visitando la mostra che occupa diversi piani del real Museo allestito nel XVIII secolo, si ammirano statue, mosaici, vasi, monete, oggetti preziosi e di uso comune arrivati dagli scavi. E anche una zona con reperti a luci rosse arrivati a noi dall’antichità.
La magia di Capodimonte: un bosco e le ceramiche
Un altro museo da non perdere che occupa un capitolo importante della guida di Napoli è il Museo e Real Bosco di Capodimonte che si trova nell’omonimo palazzo reale voluto dai Borbone nel 1738. Per un periodo fu casa di caccia e divenne poi residenza e sede scelta per ospitare la ricca collezione Farnese che ancora oggi raccoglie capolavori unici di Tiziano, Parmigianino, Carracci a cui si sono aggiunte opere prelevate nelle chiese del sud con opere di Mantegna, Caravaggio, Raffaello, Botticelli, El Greco, Bellini e artisti napoletani dei secoli XVII e XVIII.
Si visitano poi gli appartamenti reali con mobili, arazzi e soprattutto le celebri porcellane. Ma non solo al chiuso: all’esterno si estende per oltre 300 ettari il Real Bosco chè è stato che premiato come Parco più Bello d’Italia per la ricchezza della sua flora e per la bellezza dell’impianto settecentesco. Dal suo belvedere si scorge un panorama unico che arriva sino a Capri e si può passeggiare tra grotte, statue ed edifici storici tra cui la famosa Manifattura di Porcellana.
Abbiamo parlato di Napoli come una città stratificata. La riprova più evidente arriva andando a visitare le catacombe di San Gennaro, che risalgono al II secolo e sono un labirinto su due livelli di tombe romane ma anche, cappelle, zone di preghiera con affreschi e mosaici e una intera basilica sotterranea con tre navate. Un luogo magico, nascosto agli occhi di tutti, sotto il suolo della città.
E per finire il paradiso del presepe
Infine, prima di chiudere la guida di Napoli e lasciare andare i piedi cercando uno scorcio nuovo, un angolo inatteso o l’aroma di una pizza verace fermatevi con la dovuta calma in via San Gregorio Armeno, il paradiso del presepe. Uno dei simboli di Napoli. E’ una stretta strada che a metà ospita la chiesa omonima fondata prima dell’anno 1000 dove c’era un tempio di Cerere. E questo spiega la storia del presepe. A Cerere, infatti, si offrivano statuette di terracotta e quando nacque l’uso del presepe fu proprio qui, dove c’era la tradizione di queste statue, che vennero a lavorare gli artigiani presepiai. Non hanno più smesso.
Ancora oggi la strada è una straordinaria mostra di figure di ogni dimensione e soggetto. Ovviamente il momento clou è quello che precede il Natale ma voi in ogni stagione fermatevi a guardare e parlare con i venditori. Troverete di tutto, da Pulcinella portafortuna ai pastori, dai divi della tv sino all’immancabile Maradona. Voi scegliete con cura e portatevi a casa una statuetta. Mettetela nel presepe, sull’albero o dove volete. Tanto essendo napoletana si porta dietro qualcosa di magico come questa città. Che, come diceva un suo grande figlio è mille colori, mille paure. Ed è la voce dei bambini che sale piano piano e tu sai che non sei solo.
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