Volete  mangiare a Cagliari? Allora ringraziate i corsari. Chè quello che mangerete in buona parte dipende da loro. E dalle loro scorrerie. E fatelo anche se dirlo oggi pare assurdo: il mare davanti a Cagliari è un repertorio di turchesi, la gente si brasa al sole sulla spiaggia del Poetto, lungo i vicoli della Marina aleggia l’acquolina della grigliata e del fritto. Ma qui non è sempre stato così. Anzi. “E’ vero: per i sardi dal mare sono sempre arrivati i guai. Ed ecco perché storicamente non siamo mai stati un popolo di marinai”, ricorda Giuseppe Deplano, riverito patron dell’elegante ristorante Flora. “Qui, sull’isola, ha quindi sempre regnato la cucina agro-pastorale. E il pesce ci appartiene solo in parte”.

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Insomma, per mangiare a Cagliari è necessario riavvolgere il nastro ai tempi delle battaglie. E tornare appunto ai corsari: ma non quelli dei film, con l’uncino, il barile di rum e la bandiera col teschio. Ma quelli che arrivavano dal sud, dalle coste dell’Africa: i mori. I pirati del Mediterraneo che per secoli spadroneggiarono sulle coste razziando e schiavizzando i sardi che stremati pensarono bene di arretrare sui monti riciclandosi come pastori. E che per mare, a correre rischi, c’andassero gli altri. “Tutto questo, oltre che nei libri di storia si ritrova appunto nelle ricette, nei piatti”. Così, se a cavallo del 1500 un vescovo di Cagliari si ritrovò a sbottare “Siempre estamos assediados de corsarios” si capisce perché gli elementi base della cucina di qui siano terragni più che mai: il formaggio, il pane, l’agnello, il maiale, l’olio. Tutte cose sfacciatamente senza squame.
“Oggi ovviamente è tutto diverso: il pesce è entrato a fare parte della tradizione gastronomica locale. Ma d’altra parte siamo nella città più importante, la porta dell’isola, quella che ha saputo prendere il meglio dalle varie zone”, aggiunge Luigi Pomata, talentuoso chef specializzato in pesce e con origini carlofortine. Un dettaglio questo che per un sardo vale più di un esame del Dna. Carloforte infatti, pur essendo nemmeno a 80 km da Cagliari, è una scaglia di Liguria trapiantata in Sardegna, in tutti i sensi una isola nell‘isola. Che, per di più, da sempre ha prosperato grazie al tonno. “Il tonno per noirecita il detto locale – è il maiale del mare: non si butta via nulla”. Una tradizione che resiste all’impoverirsi dei fondali e all’inesorabile svuotarsi delle tonnare. Dove tuttavia si officia ancora il rituale più antico e feroce di vita e morte: quello della mattanza. “Anche grazie a queste consuetudini, ovviamente, il tonno è protagonista del mangiare a Cagliari come lo sono certe preparazioni che vengono da più lontano, per esempio dalla zona di Alghero. Ma quelle invece risentono del lascito catalano”.

mangiare a cagliari, il mercato di san benedetto

Mangiare a Cagliari, il mare

A questo punto è meglio fermarsi un attimo: e rifare i conti. Alghero, l’abbiamo detto, è “colonia” di Catalogna, Carloforte “parla” Ligure, il resto della Sardegna è terra di pastori in fuga dal mare e dai mori. Se ci si aggiungono remoti influssi cartaginesi si capisce che quello che resta è natura arcigna, mare travolgente e una miscela di sapori. Dove tutto sembra uguale: ma dove ogni cosa è diversa da ciò che t’aspetti.
“E’ assolutamene così: non esiste una cucina sarda, da paese a paese si trovano sostanziali differenze. Probabilmente il denominatore comune è che le consuetudini resistono perché sono molto forti, radicate per davvero nel palato della gente”. E forse, anche per questo, talvolta sfuggono alla comprensione svagata di chi arriva da fuori. Così come accade per la ostica e spigolosa lingua che è il dialetto locale. “Un esempio di queste ricchezza di sfumature lo si ritrova nei salumi – chiarisce Erica Etzo, titolare del negozio di prodotti locali Bonu. – Nelle miscele di carne degli insaccati prodotti nelle zone più vicine alla costa si aggiunge il mirto, a Sassari si usa il pepe, nel Campidanese il finocchietto. Ad una prima occhiata può apparire che si tratti degli stessi prodotti. Ma già ad un assaggio chi viene a mangiare a Cagliari  dopo poco attento coglie le differenze”.

Fenicotteri_a_Cagliari
Insomma, è tempo di smettere di parlare: che il pranzo sia servito. E nulla pare più facile nelle strade di Cagliari. Questa luminosa città, infatti, ha una concentrazione di tavole e ristoranti che lascia sgomenti: qualcuno parla di ducentocinquanta locali. Se si pensa che il nucleo cittadino non arriva a centosessantamila abitanti si capisce che il mangiare a Cagliari, tra i peccati, è coltivato con sincera passione. “Il cagliaritano è un godereccio, ama uscire e mangiare fuori”, è il commento condiviso da tutti e che trova conferma in una lenta passeggiata lungo via Sassari o via Sardegna. Ogni vetrina svela tovaglie e tavoli di trattoria. E le insegne dei locali titillano l’imbarazzo della scelta. “Da noi, per esempio, la gente viene per mangiare anche la trippa”, prosegue Francesco Zucca titolare del sempre affollato ristorante “Lillicu“. Un locale popolarissimo dove il pesce fresco non manca mai. Ma dove guai a rifiutare la cordula, ovvero gli intestini d’agnello.

cagliari--Vista-del-Castello

Ecco quindi, per digerire e riflettere su questa terra di mare con cuore e i piedi nella roccia, che vale forse la pena di prendere al volo l’occasione di una passeggiata in salita verso il castello – in lingua: “Casteddu” – il centro cittadino medievale appollaiato in alto, circondato da mura. Perfetto per guardarsi intorno. E provare a capire che effetto doveva fare nei secoli passati l’arrivo dei corsari. Da quassù, sul maestoso belvedere intitolato a Umberto I, è possibile assaporare un rimbalzare di sguardo che spazia dal porto agli stagni dove svolazzano i fenicotteri, dalle vecchie pietre dei palazzi e della cattedrale ai locali dove i giovani la sera bevono cocktail e tirano tardi. E nelle notti d’estate divani candidi e accordi lounge regalano effetti da metropoli di tendenza.
Ma poi basta poco, un torpido ritorno in discesa, una occhiata curiosa verso un vicolo, magari una deviazione per ripiombare nel cuore vivace dei popolari quartieri come la Marina o Stampace, i posti giusti per mangiare a Cagliari. Posti dove, alzando gli occhi, non ci si può perdere lo svolazzare dei panni stesi alle finestre e dove, lungo le strade sempre un po’ ripide, si agita la vita. Accarezzata dal profumo del cibo.  E già questa sarebbe un fortuna. L’altra si chiama spiaggia del Poetto. Che dove si può trovare una città che in una manciata di fermate di bus ti spalanca davanti sei chilometri di sabbia, sole, mare. E vita

Panoramica-poetto

“E’ un privilegio: non si può parlare di Cagliari senza citare il Poetto, la sua spiaggia”, continua Stefano Sulis, titolare del bar dello stabilimento Lido. Un pezzo di storia scritta nella sabbia della città. Il bello che non si tratta di uno slogan o di un modo di dire: questa spiaggia comoda e straordinariamente “urbana” è davvero la valvola di sfogo verso lo spirito blu di Cagliari. Qui la chiamano “la spiaggia dei centomila”: nessuno ha mai fatto un censimento. Ma pare che d’estate sulla rena ci si ritrovino appunto in tanti.Tutto vero: però chi pensa al passato potrebbe restare deluso. Qui, per decenni, sono resistiti i casotti – geometriche casette in legno rifugio estivo dei cagliaritani- che hanno a modo loro cambiato il volto della spiaggia. Il loro legno squadrato ha creato dune di polvere bianca e finissima che ora non si ritrova più”. E anche chi passa correndo con il surf in spalla diretto verso una galoppata sulla schiuma di una mareggiata annuisce convinto e un filo contrariato. “Non solo: qui per tanti anni si sono allineati i piccoli locali dove si mangiavano i ricci”. Polpa di riccio e vermentino. Oppure polpa e spaghetti. La declinazione cambia di poco. E alla fine il premio era il gusto di mare. “Poi è stato fatto il ripascimento e la sabbia non è più candida e impalpabile come prima così come si sono chiusi i chioschi dei ricci che nel frattempo erano lievitati diventando ristoranti semiabusivi”. Un cambiamento epocale che per un po’ sembrava avere lasciato i cagliaritani orfani del loro spuntino preferito. Poi qualcosa è cambiato, il dibattito si è acceso, la fame ha stimolato l’ingegno e nella zona verso Quartu ancora si incontrano i venditori di questo frutto di mare con le spine.
“Non c’è un cagliaritano che non sia passato su questa spiaggia e non abbia fatto merenda su questa sabbia”, si vantano allo stabilimento D’Aquila, dal 1919 il riferimento per le giornate di sole con i piedi nell’acqua. “Vediamo le famiglie e le generazioni passarsi il testimone: i ragazzini tornano quando sono ormai diventati adulti. E magari sono a loro volta accompagnati dai figli”. Tutti insieme appassionatamente prima che, dopo il tramonto, ci si rimetta in fila per tornare al centro della città, ai viali che sfiorano il porto e il reticolo di porfido che si arrampica verso il castello.

mangiare a cagliari, panorama dall'alto sul mare

Mangiare a Cagliari: si inizia tardi

Dopo le 21 – con calma, chè qui si mangia con iberico ritardo – arriva poi il momento di cercare una tavola dove trascorrere la serata, scegliendo magari tra il dilemma antico del mangiare a Cagliari: carne o pesce? In ogni caso, l’abbiamo detto, la scelta è assicurata, il vino bianco gelato spinge alla chiacchiera e dopo un ricco piatto di fritto non resta che reclama la sferzata gelida del liquore di mirto. Poi, senza fretta, godendosi il vento che arriva dal largo ci si può avviare verso le musiche e le risate di corso Vittorio Emanuele o affrontare la sgambata fino al castello. Oltre i bastioni i tavolini dei locali vi daranno un buon motivo per tirare tardi guardando le stelle, la città stesa ai vostri piedi e la sterminata chiazza blu del mare dove scivolano le luci dei traghetti. Guardandoli partire pensate per una ultima volta ai corsari. Lo arrivavano armi in pugno, facevano disastri e fuggivano. A noi qui viene voglia di smettere di guardare l’orologio. E non andare mai via.

Dove mangiare  a Cagliari

Ristorante Luigi Pomata
Viale Regina Margherita, 18
tel 070 672058
chiuso Domenica
A due passi dal lungomare un locale dall’ambiente moderno che propone il pesce con creatività (da provare il susci – scritto così- e i carpacci) e grande attenzione alle materie prime. Lo chef, che da il nome al locale, prosegue una tradizione di famiglia e sa scegliere il meglio dai mercati abbinando la tradizione e la ricerca. Ampia scelta di vini e ottimo rapporto qualità/prezzo: cena a circa 35 euro

Trattoria Lillicu
Via Sardegna, 78
tel 070 652970
Chiuso domenica
Nel cuore del quartiere della Marina, in una strada piena di ristoranti Lillicu è un locale storico, aperto da 70 anni, dove tra risate e tavoli di marmo, godersi un menu di mare. Porzioni ricche e ambiente familiare spesso affollato da coloro che sanno dove mangiare a Cagliari. Da provare gli spaghetti ai ricci. Cena a circa 30 euro

Trattoria La Stella Marina di Montecristo
Via Sassari, 140
Tel 070 666692
Chiuso la domenica

Vicino al palazzo della Regione un piccolo locale molto caratteristico e sempre affollato da clienti affezionati che cercano la tradizione del magiare a Cagliari. Da provare assolutamente il ricco antipasto caldo e la frittura accompagnata curiosamente da frutta fresca. Il tutto servito su “vassoi” di sughero. Cena a circa 30 euro

Flora
Via Sassari, 45
tel 070 664735
Chiuso domenica

Elegantissimo locale – ricco di mobili e arredi prestigiosi – gestito con calore da Beppe Delplano, un volto noto a Cagliari dove assaggiare piatti tradizionali preparati con cura. Da non perdere le orziadas, gli anemoni di mare fritti o lo scorfano con patate. Ricca carta dei vini e prezzi contenuti: circa 35 euro.

Ristorante Ricciomania 2 – La vendetta
Lungomare Poetto
Presso Stabilimento balneare D’Aquila
tel 349 7743794
Chiuso Domenica sera

Uno degli storici chioschi del Poetto che dopo la chiusura ha riaperto al primo piano dello stabilimento balneare. Si mangia guardando il mare. Piatti della tradizione marinara, spaghetti coi ricci in testa
Cena intorno ai 30 euro.