In Champagne non c’è solo lo champagne», sancisce con tono arcigno la signora del castello di Montmort. E limitandosi a guardare intorno viene facile darle ragione: a perdita d’occhio si stiracchiano dolci colline, boschi intricati e borghi sonnacchiosi mentre le pietre inzuppate nella storia di Francia, come quelle della cattedrale di Reims, fanno da fondale. Per completare il quadro poi, quasi evocati dalla signora per rendere il tutto più magico, una coppia di cervi zampetta sul bordo del fossato del maniero. Ma «madame» ci perdonerà se nel nostro viaggio in Champagne continueremo a pensare alle bottiglie da sogno che qui nascono . E brinderà con noi a quella piana che i Romani, ingenui, battezzarono Campania, ovvero terra di pianure, e che invece per il mondo tutto è terra di vino. Anzi, di vino dei re.

Il mitico cellarius

D’altra parte lo dicono le pietre, lo raccontano le case. E lo certificano gli dèi locali. Il primo di loro, non suoni irriguardoso, riposa sotto una lastra di marmo nel silenzio della chiesa abbaziale di Hautvillers. Ecco, proprio in quella piccola chiesa fondata da Dagoberto e profanata dagli inglesi durante la guerra dei Cent’anni, davanti all’altare è sepolto il «cellarius» Dom Pierre Perignon. E chiunque abbia mai alzato un calice dicendo «santé» sa quale sia stato il suo lascito. Al suo fianco, per togliere ogni dubbio, un’altra lastra e un’altra iscrizione: Dom Ruinart. Di fronte a nomi del genere pare inutile aggiungere molto altro. E tanto vale proseguire il viaggio in Champagne.

«Non vale. Il fato ha voluto semplicemente che i due monaci abbiano vissuto entrambi in quella abbazia» potrebbe obiettare la signora del castello. E allora proseguiamo il viaggio nella natura «petillant» di questa terra bella e fortunata e scopriamo se sia solo un caso.

Viaggio in Champagne, Epernay

A Epernay la strada principale, è una teoria di «hotel particulier» e aziende vinicole ma, all’inizio del viale, brilla il palazzo del municipio: sarà una coincidenza ma fino al 1920 qui non ci abitava il sindaco ma una nobile famiglie di «vignerons». Non basta ancora? Allora scendiamo più a sud nel nostro viaggio in Champagne e arriviamo a Troyes, deliziosa cittadina di case a graticcio e cortili incantati. Dall’alto, guardando la cartina la cosa che salta subito all’occhio è che il centro ha una forma inequivocabile: quella di un tappo. S’intende, di champagne.

Da Troyes a Epernay

Insomma, lo spirito di vino di questa regione si sente ovunque. Ed è di inebriante potenza. Allora forse l’idea migliore per capirla è proprio quella di abbandonarsi alla sua vena piacevolmente alcolica e farsi ammaliare dai luoghi. Che non deludono di sicuro. Magari proseguendo il nostro viaggio in Champagne proprio da Troyes, poco più di centoventimila abitanti e uno dei centri storici più graziosi di Francia. Ovunque, nelle stradine, le facciate delle case a graticcio riportano al passato e i cortili delle dimore signorili fanno sognare dame e cavalieri e amori. Forse per questo, nei pomeriggi d’inverno, quegli slarghi si popolano dei bisbigli di adolescenti innamorati.

Le case qui sembrano disegnate da un bimbo: le facciate ostentano linee sghembe, i soffitti disdegnano la linea retta, ninnoli e tendine ricamate sbirciano dalle finestre. Ecco perché avere la fortuna di dormire in uno dei piccoli hotel nascosti a due passi dalle fiammeggianti vetrate della cattedrale gotica è una emozione che vale la pena di vivere.

Viaggio in Champagne, Vicolo di Troyes

Viaggio in Champagne, tre vitigni e un mito

Una sensazione di piacevole e dolcissima anarchia che stride invece con il geometrico rigore delle vigne: risalendo la regione diretti verso il suo cuore durante il viaggio in Champagne  si sfileranno le legioni di legno e foglie da cui nascono chardonnay, pinot noir e pinot meunier: le tre anime bianche e nere dello champagne e di tutte le più nobili bollicine (anche quelle del nostro champagne tricolore: il Franciacorta). Lungo le strade, bizzarramente tortuose per rispettare la simmetria dei campi, sfileranno così vigneti splendidi che, a seconda delle stagione, giocano l’intera tavolozza dei colori mentre i marchi delle maison, affissi lungo la strada a due passi da castelli e borghi, evocheranno i brindisi di una vita.

A Epernay poi, quei nomi svelano i loro tesori protetti in «caveau» lunghi chilometri, scavati ai tempi delle baruffe tra Galli e Romani, Sotto l’avenue principale ognuna delle grandi case coccola milioni di bottiglie in gallerie che mantengono umidità e temperature costanti: in una penombra polverosa e profumata è possibile per chiunque lo voglia scendere e sfiorare il lungo riposo di un mito in bottiglia. Prima di risalire e assaggiare il balletto delle bollicine. In fondo un viaggio in Champagne si fa anche, e forse soprattutto, nel bicchiere.

Viaggio in Champagne, tra maison e cattedrali

Un vorticoso ribollire che è patrimonio di tutti: anche il più dimesso caffè tra queste zolle benedette offrirà agli avventori un repertorio di etichette da batticuore e concedersi una bottiglia non farà male al portafoglio. Il morale, quello è certo, invece ne godrà e d’altra parte non può che essere così con l’unico vino che rende le donne belle dopo averlo bevuto. E visto che l’ha detto madame de Pompadour deve essere vero.

A Reims poi il quadro si complica: da una parte infatti il re di casa, lo champagne, celebra i suoi riti nelle botteghe. Dall’altra, in quello scrigno di marmi e guglie che è la cattedrale, i re, quelli con la corona, hanno per secoli conquistata l’investitura. Dentro quella smisurata chiesa si respira l’atmosfera di incensi e regni, armature e guerre lontane. Ma fuori, appena oltre il sagrato, le insegne delle maison spiccano con la sfrontatezza dei neon. Il confronto forse stride ma prima di tornare a rivivere il tempo di oggi vale la pena di perdersi nelle armonie d’organo delle navate, indulgere nei colori dei rosoni, assaporare il fascino di una chiesa che parla come un libro di storia. Poi, una volta inebriati dalla sua magia sarà il tempo di tornare al presente e ai merletti disegnati dalle bolle in una flûte.

Sul portale sinistro della cattedrale un curioso angelo dal 1200 mostra uno straordinario sorriso di pietra. Gli studiosi, da secoli, si interrogano su quel ghigno sbarazzino ma la risposta è forse banale: l’angelo è un angelo dello Champagne. E, anche senza un bicchiere in mano, pure lui sta brindando con noi.