Era il rifugio di intraprendenti mercanti cinesi, timidi pescatori malesi e raccoglitori di noci di cocco. Oggi i mercanti svendono Lacoste taroccate e i malesi suonano cover rock nei pub “aussie style“. Resistono le noci di cocco. Una manciata di anni fa c’erano solo pallidi hippy che dopo lunghe notti lisergiche si appisolavano sulle amache sospese nel monsone. Oggi impazzano le pizzerie “Mamma mia“, le suite executive con la jacuzzi matrimoniale. E con il plenilunio il ritmo lo scandisce la techno. Se la notte è buia si balla lo stesso.
Un giorno, maledetto, poi è arrivato anche lo tsunami. Ma, dall’altra parte della Thailandia, non qui: e questo ha cambiato per sempre il volto di Koh Samui. Che paradossalmente non si è ancora ripresa dalla propria fortuna. Ma siamo indulgenti: questa è una isola (turisticamente) giovane. Come tutti i ragazzi deve ancora farsi.
Per rendervene conto arrampicatevi su un songthaews, uno degli stravaganti taxi furgonati locali – una specie di sferragliante pick up multiposto e multicolore – e chiedete di andare a zonzo per questa zolla di sabbia e palme a mollo nel Golfo di Thailandia dove, fino al 1990, non c’era neppure una strada che facesse il giro completo dell’isola. Cosi la gente navigava. O stava nel proprio villaggio a raccogliere cocchi. Tutto cambiò quando, dice la leggenda, sbarcò una chiatta zeppa di volontari del Corpo di Pace. Evidentemente scrissero una guida dell’isola di Koh Samui, in Thailandia e la fecero girare dicendo che il posto era bello. Dovevano avere molti amici: oggi arrivano cinquecentomila turisti all’anno.
Guida dell’isola di Koh Samui, in Thailandia: l’aeroporto senza pareti
Già sbarcando dal Boeing che arriva da Bangkok si precipita in una dimensione parallela: invece che sui bus si sale su candidi trenini elettrici, a metà tra il green a 18 buche e Disneyland. La spaesamento onirico prosegue mentre si è in fila per la dogana: l’aeroporto ha il tetto. Ma non le pareti. Poi però si fa presto a comprendere: fa sempre caldo. E in un piccolo mondo dove si vive in bikini dei muri non si sa che farsene.
Appena sbrigata poi la rapidissima trafila del timbro sul passaporto è già tempo di svuotare la valigia nei resort pregustando un salto nel turchese. La scelta scorrendo la guida dell’isola di Koh Samui, in Thailandia, è sterminata: a Chaveng, sette chilometri di spiaggia e vita notturna per tutti i gusti, si possono trovare stanze con veranda e piscina sulla spiaggia per pochi euro a notte. C’è chi preferisce risparmiare: e sulla costa opposta, nella sonnacchiosa Na Thon, “la capitale” dell’isola, il prezzo quasi si dimezza.
L’unico imbarazzo è la scelta. E mercanteggiare non è maleducazione. Dopo lo tsunami che ha distrutto Phuket e tutte le località sul mare delle Andamane a Koh Samui si riversarono una moltitudine di turisti innamorati del sole, del cibo piccante, dei prezzi bassi e dei sorrisi. Ovvero della Thailandia. Il risultato fu che per accontentarli tutti si scatenò una febbre del mattone che ha trasformato in stuzzicadenti milioni di alberi di cocco e fatto spuntare formicai di stanze in ogni dove. Quando, dopo la ricostruzione a Phuket e Phi Phi Island, l’orda di scandinavi e tedeschi si è ritirata sono rimaste le insegne delle guest house e dei resort. Il numero di stelle in cielo è nullo rispetto a quelle che occhieggiano dai neon. Le migliori sistemazioni per chi vuole abbinare sole e luna, ovvero spiaggia mattutina, aragosta grigliata in tavola e apolidi mojito per il dopocena, sono a Chaveng.
Guida dell’isola di Koh Samui, in Thailandia: prezzi per tutti
Sotto le palme, si allineano strutture in teak con candidi cuscini e pale al soffitto: le riviste di arredamento insegnano, la vista mare non si nega a nessuno. E la spa è spesso compresa nel prezzo. In mezzo agli hotel più lussuosi sgomitano qua e là sistemazioni low price: il mare di fronte è lo stesso, le palme pure. Cambia però la quantità di bath da sborsare: da 400 a 19000. In stelle va da una a cinque. In euro da 25 a 500.
La striscia di sabbia bianca che sfuma nell’azzurro invece si divide in tre: quella nord ha acqua bassa e tanti posti letto allineati a due passi dalla battigia. Alla sera ristorantini volenterosi apparecchiano con candele attirando turisti in cerca di cene coi piedi nell’acqua. La parte centrale è la più affollata: qui si affittano per pochi bath lettini e sdraio mentre le massaggiatrici in t-shirt pastello offrono pigolando trattamenti all’olio. A disposizione anche canoe, chiassose moto d’acqua e parasailing per guardare il mare dall‘alto in basso. Se per voi la spiaggia è un posto dove sonnecchiare nel sole e nel silenzio scegliete di andare altrove. Ad esempio, nella zona di Noi, quella più a sud. Qui si trova sempre poca gente, i fondali fanno crescere il desiderio di avere le squame e alcune cale spesso deserte regalano ancora l’emozione di immaginarsi esploratore.
Guida dell’isola di Koh Samui, in Thailandia: a caccia di spiagge su due ruote
Chaveng quindi è la base dove impigrirsi mollemente, vivere la notte e rosolarsi al sole. Ma c’è molto altro. E soli settanta chilometri di circonferenza permettono di scegliere le mete anche per gite part time: per muoversi la scelta spazia dai taxi – economici – ai bus – economicissimi – agli onnipresenti scooter a noleggio. Se non siete uno stuntman però fate attenzione: il concetto di Codice della strada qui è piuttosto vago. Rombando a sud di Chaveng si passa direttamente a Lamai: se l’isola fosse una famiglia questa località sarebbe la sorella timida e modesta. Anche qui la solita infinita schiera di bungalow indecisi tra palme e sabbia, ristorantini spartani e un rassicurante mare piatto. Ma il ritmo è decisamente meno concitato. E i resort perdono qualche stella e parecchia spocchia.
Proseguendo il periplo l’approccio migliore è quello tipicamente thai: senza fretta. E non si sbaglia mai a seguire sentieri e intuizioni cercando spiagge e angoli tranquilli che nessuna guida dell’isola di Koh Samui, in Thailandia, ancora ha elencato. A poca distanza, comunque, ci sarà sempre un locale improvvisato che offre hamburger, riso fritto e fredda birra Singha. Le spiagge possono essere splendide scoperte o piccole delusioni. Bang Khao, ad esempio, è inspiegabilmente poco affollata nonostante la sabbia bianca e il mare trasparente. Mentre la sosta nella poco lontana Thong Krut vale la pena solo per guardare il tramonto colorare gli scogli all’orizzonte. Il bello di girare con lo scooter è che tra una sosta e l’altra potrete smettere di sudare. E ringraziare il vento tra i capelli.
Guida dell’isola di Koh Samui, in Thailandia: il grande Buddha sorride.
A nord di Chaweng invece la spiaggia si imbizzarrisce. E diventa scogliera. Ma la mattana dura poco. Oltre il capo di Laem Samrong torna la sabbia e spunta il grande Buddha: dodici metri di statua dorata avvolta nell’incenso e nel suono dei campanelli. Paciosi monaci arancioni ricevono le offerte dei fedeli e offrono a tutti una tegola di coccio. Scrivendoci sopra il vostro nome evocherete una generica protezione. Chi ha desideri più specifici può elencarli e attendere. Il Buddha si dice sia disposto ad esaudirli con rassicurante puntualità.
Proseguendo lungo la costa nord si arriva poi al villaggio di Bophut. La tradizione vuole che qui si siano insediati i primi commercianti cinesi. Ed in effetti la compravendita è ancora molto attiva. Lo sperimenterete arrivando verso il tramonto quando il mercato dei pescatori, come viene chiamato, si scatena: la scelta dei locali è sterminata quasi quanto la folla, per muoversi occorre saper dosare colpi di gomiti e decise spallate, in vetrina troverete gioielli vistosi, sete e mascheroni di demoni in teak. Per la cena si sfidano ristoranti di pesce ma anche tapas bar sedicenti andalusi e ristoranti italiani gestiti da nostalgici espatriati. Ma è sulla spiaggia che si allarga candida per un paio di chilometri, sotto la luna, seguendo la danza delle lanterne volanti che salgono roteando leggere, che quasi tutti si ritrovano. Pronti a esprimere il desiderio di ritornare davanti a questo mare.
Guida dell’isola di Koh Samui, in Thailandia: un lago alpino e i pesci color arlecchino
Per chi poi sogni di sguazzare in un acquario basta un viaggio di venti chilometri fino sulla costa ovest: da qui, dai moli ballerini di Na Thon, salpano infatti i motoscafi che in circa cinquanta minuti di galoppata nel blu portano al Parco nazionale di Mu Ko Ang Thong. Durante il viaggio si tagliano le scie delle vecchie carrette che frugano con le reti i bassi fondali in cerca di materia prima per le grigliate serali. E’ amaro pensarlo quando con gli stessi pesci ci si trova a fare amicizia sfiorando i coralli. Bastano una maschera e un paio di pinne: l’acqua è tiepida e cernie, pesci angeli e pappagallo non conoscono la timidezza.
Il parco, in totale, raggruppa quarantadue scogli più o meno imponenti. La più celebre – e quindi affollata- tra le isole è Ko Mae Ko: a oltre 200 metri di altezza vi troverete a specchiarvi in una sorta di laghetto che pare dolomitico. La bizzarria è che sta tra palme e mangrovie. Passerete dal fiatone per la fatica dell’arrampicata alla sorpresa di quello spettacolo. Altrettanto ripida è la salita che porta in vetta a Ko Wua Talab: in questa isola ha la sede l’autorità del parco e ci sono anche alcuni bungalow senza fronzoli dove dormire. Quando la massa dei gitanti rientra finalmente verso Koh Samui, al tramonto, gli unici rumori sono quelli delle scimmie che fanno ginnastica sui rami. E a quel punto un bagno solitario sarà un sospiro di beatitudine.
Guida dell’isola di Koh Samui, in Thailandia: la notte è piccola per noi
Tintarella durante il giorno, il relax di un massaggio per sciogliere le articolazioni al tramonto in uno dei tanti centri più o meno lussuosi. E il pedicure, per chi ama il genere, lo si fa immergendo i piedi in vasche piene di minuscoli e voraci pesciolini che si occupano del peeling. Poi arriva la notte. E Koh Samui di andare a dormire non ne ha nessuna voglia. Il centro della vita notturna è in due soi, ovvero vicoli, nel centro: soi Green Mango e soi Reggae. Inutile spiegare come trovarli: basta seguire la folla.
Il primo soi è una stradina a forma di U colonizzata con monotonia da pub anglosassoni, sale da biliardo e, appunto il Green Mango, la discoteca più celebrata e affollata. Dalle 23 alle 2 ballano tutti. E chi non balla è solo perché deve riprendere fiato. Simile l’atmosfera al Reggae: il nome però non inganni. La Giamaica è lontana. Niente Bob Marley ma solo sintetica tecno commerciale. Intorno, affacciati sulle strade perennemente intasate di taxi, scooter, auto – nonostante un velleitario e astruso sistema di sensi unici – altre decine di locali: ognuno può scegliere il proprio genere. In linea di massima, i pub finto-australiani o simil-irlandese con musica dal vivo e disegni aborigeni alle pareti sono quelli dedicati a chi cerca soltanto birre, accordi rock e due chiacchiere in compagnia. I più silenziosi locali con biliardo invece strizzano l’occhio a chi viaggia da solo: le ragazze che si ostinano a giocare svogliatamente tra di loro portano scritta in faccia che la compagnia qui è a prezzi da discount. Per chi invece si scatena solo con le versioni in playback di Madonna e degli Abba la scelta è obbligata: i katoey, gli eterei travestiti locali, sfoderano clamorose mise di paillettes invogliando a entrare al Moulin Rouge. Una guida dell’isola di Koh Samui, in Thailandia vi deve avvisare: con il tacco 12 a stiletto queste divine in falsetto sfiorano spesso il metro e novanta. Ma fateci caso: spesso portano una sciarpa: non è freddo. Serve per coprire il pomo d’Adamo.
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