Bangkok è una bocca. Un’enorme bocca che mastica. Ininterrottamente. Nelle sue strade ad ogni ora, senza sosta, mangiano gli autisti dei pacchiani “tuk tuk” in attesa dei turisti “farang” da sballottare nel traffico. Mangiano le impiegate smanicate che zampettano in infradito tra i palazzi di vetro e acciaio e le bancarelle allineate sui marciapiedi. Mangiano i muratori col caschetto giallo accoccolati sui talloni in bilico sulle impalcature mentre i colleghi si arrampicano verso il cielo. Inseguendo il mito di grattacieli sempre più alti. Ecco perché per scoprire cosa vedere e dove mangiare a Bangkok si deve partire da un’ossessione.
«Perché è vero, i thai hanno un’ossessione: il cibo», spiega sorridendo David Thompson, chef australiano espatriato venticinque anni fa nella “Città degli angeli” proprio per amore di questi sapori . Tanto da essere diventato – lui che si definisce nostalgicamente un «ragazzo di Bondi Beach» – il primo cuoco al mondo a conquistare la stella Michelin. S’intende con un ristorante di cucina rigorosamente thailandese. «Per loro alimentarsi non è solo una necessità: ma è un vero chiodo fisso. Parlano sempre di cibo, ne discutono con passione. E mangiano senza sosta».
Tra l’altro ovunque. Ecco perché c’è una cosa fondamentale per capire cosa vedere e dove mangiare a Bangkok: dove qui significa ovunque Così le bancarelle invadono i marciapiedi dei viali di Silom e Sukhumvit, gli ambulanti fanno avvampare il wok sotto i ponti della sopraelevata Skytrain ma anche i centri commerciali di Siam Square, cattedrali consacrate al culto delle griffe, offrono ciotole di wonton noodles e gamberi al curry. La sola differenza tra i mall sfacciati di marmo e luci e i tavolini di plastica parcheggiati nello smog sta nel prezzo delle pietanze.
«Ogni evento della vita per i thai è legato al cibo: nutrendosi si festeggia una ricorrenza o si onorano i defunti, donando alimenti a chi ha bisogno si ottiene merito per le prossime vite o si riparano i torti compiuti in questa».
Ed ecco perché la bocca di Bangkok non smette mai di muoversi. Anche quando il sole deve ancora sorgere. Prima che l’alba arrivi a evaporare le foschie monsoniche da questa sterminata metropoli di dieci milioni di abitanti, sotto i muraglioni del What Pho, l’amatissimo tempio del Buddha disteso, iniziano a sciamare i monaci col capo raso e la veste arancio.
Per loro la giornata comincia con la questua, con una ciotola da allungare ai passanti: ognuno offre qualcosa, il proprio karma si migliora anche così, riempiendo lo stomaco ai silenziosi bonzi arancioni. Appetito e religione, il cibo del corpo e quello dello spirito. Sulle rive fangose del Chao Phraya stomaco e anima, per noi perennemente litigiosi, si svelano invece buoni vicini: cosa vedere e cosa mangiare a Bangkok in fondo sono due punti di vista della stessa domanda. Tanto che incastrati ai tavolini di plastica di un talaat naam, un mercato galleggiante, si inizia a parlare di spuntini. E si finisce per dissertare di stili di vita.
Cosa vedere e dove mangiare a Bangkok: il cibo di strada
“Qui non è l’ambiente del locale che conta ma quello che si mangia, il contesto non ha importanza ma ciò che vale è solo e soltanto il gusto. Ovvero: meglio essere buoni che sembrare belli. Così, spesso, i posti per cui la gente si sposta da un quartiere all’altro della città, magari affrontando veri e propri viaggi tra code e ingorghi perenni, sono locali che noi occidentali non degneremmo neppure d’attenzione: un tendone improvvisato, un fuoco di carbonella e qualche tavolino affacciato lungo la strada o infilato all’ombra provvidenziale di un soi, un vicolo”, prosegue David Thompson che quaggiù, ai fornelli del lussuoso ristorante Nahm – all’interno dell’hotel Metropolitan – o a Londra – nell’omonimo locale all’Halkin Hotel di Belgravia – insegue filologicamente l’archetipo perfetto della cucina thai. Quella che da sempre si sublima tra gli ambulanti del mercato di Aw Taw Kaw o i cuochi galleggianti di Taling Chan.
Ed proprio qui, tra il fumo dei bracieri accesi sulle barche, che bisogna venire per assaggiare la “città degli angeli”. E pazienza se per farlo si dovranno affrontare crampi alle cosce provocati da panche mignon in scala siamese o scoprirsi mimi per comunicare con camerieri gentilissimi e sorridenti. Ma che si ostinano a pigolare solo con quella nasale e incomprensibile cantilena che è il thailandese.
Qui, tra gamberi monumentali, pesci gibbosi, griglie fumanti, vegetali multicolori e salse misteriose, tra barattoli improvvisati da cui mescere salsa di pesce e chili urticante, zucchero e aceto – e il dosaggio di questi ingredienti è un arte in un mondo dove l’equilibrio di sapori è ricerca metafisica – vi potrà magari capitare di intercettare la storia di uno come Apichart. Che da trent’anni vende kanom jeen – noodless conditi con ananas e gamberi – nel suo locale col pavimento d’acqua. Ovvero un guscio di noce ormeggiato al pontile di Taling Chan.
Cosa vedere e dove mangiare a Bangkok: il rito del pettegolezzo
“Non ho mai avuto un frigorifero. Non mi serve”, spiega perplesso smazzando come un croupier i suoi contenitori di vimini. – Ogni mattina alle cinque esco e compro gli ingredienti: gamberi secchi, mango, peperoncino, ananas. Poi preparo tutto e per le otto torno al mercato. I miei clienti vengono da me anche due volte alla settimana, sono affezionati. C’è chi a volte non mangia: ma si ferma a chiacchierare”.
Quindi la domanda iniziale si svela sbagliata: non è corretto chiedersi cosa vedere e dove mangiare a Bangkok. Ma piuttosto cosa guardare mentre si mangia. Per i thai si tratta di un vero rito.
Un rituale antico ma che resiste testardo anche in questa capitale, ansiosamente tesa a clonare le frenesie tecnologiche e modaiole dell’Occidente, dove però i mercati tradizionali restano uno dei centri di gravità della vita quotidiana. Così come i tempietti buddisti sparsi un po’ ovunque, apparente anacronismo rasoterra in un mondo che punta al verticale. Ma che ricorda che dopo una ciotola di riso anche un bastoncino d’incenso può fare bene al proprio karma.
Cosa vedere e dove mangiare a Bangkok : i mercati
“Questo perché il mercato per molti abitanti di Bangkok è il luogo deputato al vivere in società oltre che per fare spesa: qui gli uomini leggono il giornale, parlano di affari e soprattutto spettegolano. Le donne fanno lo stesso. La differenza è che spettegolano con più impegno”, è il commento di chi bene conosce questa città che ti tramortisce con la sua frastornante capacità di ribaltare ogni regola: la prima è che un marciapiede non è praticamente mai un posto dove si passeggia. Ma dove piuttosto si vende di tutto. Soprattutto cibo.
Lo confermano le statistiche – ma non ce ne sarebbe bisogno: si finisce comunque per inciamparci – che parlano di almeno tremila ristoranti “al chiuso” e di un esercito di cinquecentomila ambulanti allineati lungo le strade e i canali della “grande Bangkok” intenti in un frenetico balletto di spiedi e ciotole, in una danza di noodles, petti d’anatra sminuzzati, pesci mai visti prima e zuppe speziate in cui il nostro palato poco esercitato si perde in una collezione di ammiccamenti. Cui però non sappiamo dare il nome.
Questo perché la cucina di qui, da quella più ardente del sud, ricca di pesce, a quella più garbata del nord che predilige la carne di maiale, è sempre un paradosso: per ogni ricetta si dosano una infinità di ingredienti, anche venti per un solo piatto, e si tratta sempre di materie ricche, aromatiche. Profumatissime. Il risultato però è un equilibrio inaspettatamente semplice, volutamente composto, senza acuti.
Cosa vedere e dove mangiare a Bangkok: ciotole e vassoi da condividere
“La gastronomia thailandese è come una orchestra bene affiatata: tendendo l’orecchio forse si possono anche sentire i singoli strumenti. Ma quello che esce per davvero con forza, almeno quando il piatto è ben preparato, è l’armonia complessiva”, è la spiegazione che non spiega. Almeno per chi come noi è incatenato alla logica tutta tricolore del soffritto e dei tre ingredienti in croce. O peggio alla cadenza immutabile del primo-secondo-dessert.
Qui, invece il pranzo – anche quello- preferisce azzerare le regole: ognuno ordina la propria porzione di riso ma poi ci si scatena scegliendo pietanze diverse da condividere con gli altri convitati. E il centro del tavolo si affolla così, senza ordine apparente e in sequenza casuale, di piatti e ciotole e vassoietti. Dove tutti pescano una legione di assaggi e bocconi. Per loro sono semplicemente saporiti. Per noi piccanti da togliere il fiato.
Questo succede a Yaowaraj, nel quartiere di Chinatown, forse la strada più battuta dai turisti in cerca di esperienze sospesi tra il cosa vedere e dove mangiare a Bangkok e a Banglamphu, durante la visita al tempio di Wat Saket e la sua Montagna Dorata, dove tra le basse casette è possibile godersi cene rigorosamente vecchio stile. Ricordandosi che tuttavia non esiste un momento canonico del pranzo: e che ogni ora è buona per una ciotola di riso fritto arricchito da salsa di pesce e chili. Dopo averlo mangiato potrete capire che anche la polare aria condizionata che a Bangkok è la norma nulla può con il trionfo del peperoncino. E vi rassegnerete a sudare.
Cosa vedere e dove mangiare a Bangkok: i quartieri e il traffico
Un destino di magliette fradice e fronti imperlate a cui ben presto farete l’abitudine: soprattutto durante i lunghi spostamenti a cui obbliga questa città dalle dimensioni straordinarie dove ogni quartiere è un mondo con un proprio carattere, uno stile, magari una lingua. E a seconda del momento della giornata anche menu. Così, all’alba o poco dopo, prima che il sole inizi a pestare senza garbo sulle vostre teste, provate a gironzolare nell’intrico di stradine oltre il palazzo imperiale, tra i vicoli che si intrecciano a Maharat. Qui, tra compunti venditori di talismani, noleggiatori di toghe per studenti diplomandi, indaffarati scultori di Buddha e botteghe di cianfrusaglie potrete specchiarvi nella corrente del Chao Praya e sperimentare quanto profondamente diverse possano essere le sfumature di sapori e colori del curry di pollo o di pesce.
Più tardi, quando è pieno giorno, magari dopo una corsa sui tozzi traghetti che risalgono la corrente del “fiume eccelso” invece è imperdibile un tuffo in quel formicaio di vita e rumori che è Chinatown: tra depositi di scatoloni dall’aria misteriosa, odore di olio e di legno, viavai di garzoni sciabattanti e indaffarati, carretti sull’orlo del ribaltamento, auto incastrate e scooter ammassati, le bancarelle si sfideranno cercando di proporre la più filologica versione del pad thai, la ricetta di noodles più classica per gli abitanti della “città degli angeli”. Per noi è impossibile scegliere: e l’altra regola da fare propria per scoprire cosa vedere e dove mangiare a Bangkok è che tanto vale affidarsi al caso.
Un nume capriccioso che vi guiderà anche nelle passeggiate dopo il tramonto, lungo Khao San, la strada per decenni prediletta dai giovani con lo zaino in spalla e dagli innamorati dell’Oriente, da squattrinati assortiti e viaggiatori in cerca di colore locale. Quaggiù ormai, anche le bancarelle hanno imparato la lingua globale del turismo e persino l’inglese, talvolta, finisce per occhieggiare dai menu: un vantaggio non da poco per gli occidentali spersi in un mondo di piatti tanto esotici da parere in alcuni casi persino ostili. Ma che una volta scoperti diventano una consuetudine a cui è difficile rinunciare.
Cosa vedere e dove mangiare a Bangkok: la notte e le sue luci
Infine la notte piomberà su Bangkok. Ma non arriverà il buio. La città continuerà a correre, strepitare, ingorgarsi, vivere freneticamente tra lampioni e taxi viola e verdi, marciapiedi invasi di gente e bancarelle volenterosamente sottratte alla penombra da un gran pavese di lampadine appese ad un cavo. In qualche caso però le luci virano al rosso. Come a Nana o a Patpong, i sempre affollati quartieri del sesso low cost dove, tra temporali di neon, sinuose silfidi in bikini offrono in saldo il loro campionario di prevedibili promesse. Ma anche loro, le reginette della notte “degli angeli”, tra una piroetta appese al palo e un sorriso stereotipato al farang di passaggio non rinunceranno al loro spuntino alla bancarella dietro l’angolo. Il contrasto tra i tanga di latex e le vaschette di riso sbocconcellate in fretta non potrebbe essere più stridente.
Prima di andare a dormire al mercato notturno del Soi 38, a due passi dalla metropolitana sospesa che sovrasta l’ipermoderna Sukhumvit, poi non ci si può perdere l’ultimo assaggio di involtini e granchi al pepe. Fino a tardi qui si ritroveranno gli ultimi turisti e silenziosi autisti di taxi fuori servizio, espatriati in cerca di compagnia a buon mercato e insistenti conducenti di moto mentre i cuochi delle bancarelle si affannano intorno ai wok e alle pentole fumanti.
Tra non molte ore l’alba tropicale di Bangkok tornerà ad accaldare l’aria e la città riprenderà a sudare. Prima però una pausa. Forse questo è il solo momento in cui la grande bocca sembra fermarsi. E finalmente concedersi un respiro.
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