La guida di Mauritius è chiara: prima furono francesi e inglesi. Oggi tocca a cinesi ed indiani: perchè presto o tardi tutti passano da Mauritius. L’isola porta nome di uomo, per ricordare un non meglio specificato ammiraglio olandese, Mauritius Van Nassau, cui la scoperta di questo scoglio, con trascorsi vulcanici ormai sopiti, fu dedicata nel 1598. Oggi, però, per questo approdo dell’oceano Indiano sette volte più piccolo della Sardegna, un solo nome potrebbe non bastare: “Dina arobi”, “la deserta”, secondo gli arabi, i francesi la ribattezzarono nel Settecento “Ile de France” e ne fecero una dependance di schiavi malgasci, tradotti dal vicino Madagascar a lavorare. Insomma, la situazione si complica.

Guida di Mauritius: una lunga storia. E diversi nomi

Monocultura della canna da zucchero, distillerie, rhum: le “Isole mascarene” – altro nome collettivo per Mauritius insieme con Rodrigues, Reunion e Seychelles – divennero un paradiso del commercio per la ricca “madrepatria” e un inferno di soprusi per i poveri abitanti.  Il tutto sotto il placido sole dei tropici, lo stesso dove oggi sbarchiamo noi, numerosissimi dall’Italia, per ritemprarci  in un viaggio a Mauritius, tra villaggi, spiagge e giardini. Godendoci i tanti sorrisi queste terre dove i conflitti sembrano non esistere, spenti e addomesticati dalla dolcezza del rum, dai colori dei fiori e da un mix di determinazione e fragilità, indipendenza e fierezza delle proprie radici.

Dopo il dominio francese, dal 1810 furono gli inglesi a donare all’isola una seconda lingua: il vernacolo di Sua Maestà la Regina è tutt’ora idioma ufficiale, ma cela il vero carattere del popolo. Sotto ogni “Yes, Sir”, ribolle, come una brace, l’imprinting creolo: un impasto di sapori, contrasti e speranze che rendono quest’ isola un bellissimo esperimento di tolleranza al profumo di vaniglia.

Viaggio a Mauritius: un mix di popoli

Ecco perché oggi a Mauritius si arriva per le sue spiagge e i suoi fondali da cartolina, e se ne riparte, piuttosto, con l’idea di aver trovato un vero Paese dietro la spiaggia dove si fanno prove generali di integrazione. Un esempio forse difficile da esportare su larga scala, ma che in miniatura funziona. Lo si capisce girando per le strade, sia della caotica, imperdibile, capitale Port Louis, sia nei giorni di mercato a Quatre Bornes o passeggiando a bordo mare a Mahebourg.

Moschee, chiese e templi convivono anche nello stesso isolato, alternandosi con i vezzosi lambrequins delle case. Perché un viaggio a Mauritius è anche un viaggio in un mix di popoli e lingue.

Cinesi indaffarati sfrecciano rapidi, accanto a grappoli di indiani pacati, minuti eppur ieratici, avvolti nei loro sari coloratissimi. E poi l’eleganza dei francesi che si fonde alla cortesia dei creoli, mentre gli inglesi, ormai in minoranza, sono per lo più bruciacchiati dal sole e impegnatissimi a ripararsi dai suoi raggi. I moderni scopritori di Mauritius sono però indiani e cinesi.

La terra della tolleranza. E delle griffe

La guida di Mauritius spiega come mai: i primi sono i discendenti degli schiavi al servizio di Sua maestà e oggi controllano una buona fetta delle attività artigianali. I secondi continuano ad arrivare per lavorare nelle fabbriche: quelle del settore tessile che hanno fatto grande la Mauritius moderna, degli anni in cui anche Armani, Ralph Lauren, Lacoste, Decathlon e Carrefour delocalizzavano qui le loro produzioni, grazie ad una zona franca che rendeva conveniente il business.

Ora su quest’isola è rimasto il “Know how” e, a ritmo del motto “Made in Mauritius? Made with care!”, si continua a cucire e tagliare stoffe, cachemire e cotone, mentre le due attività emergenti sono legate alla finanza, grazie al suo status di paese offshore e al turismo.

Mauritius, la repubblica bilingue

“Questa calma apparente ha avuto un prezzo”, spiega Christele De Speville, editrice di libri per l’infanzia nel moderno Caudan Waterfront di Port Louis. Lei, “bianca e privilegiata” da ragazzina, a scuola, ha conosciuto il significato di deferenza e diffidenza in egual misura. BAsta sfogliare una guida di Mauritius per leggerne i capitoli: l’abolizione della schiavitù nel 1835, la storica visita di Gandhi nel 1901, i primi voli aerei regolari dal secondo dopoguerra, nel 1968 l’indipendenza, promossa dal “padre della patria” Sir Seewoosagur Ramgoolam e la Repubblica parlamentare che risale al 1992: queste le tappe che hanno fatto diventare grande un’isola dove si scrive in inglese, si parla francese e si prega, prima Shiva e poi Maometto.

Non senza pesanti contrasti razziali, come quello che nel 1999 portò all’uccisione del cantante Kaya, simbolo della cultura creola. Al contrario non mancano i riconoscimenti internazionali come quello di Harvard che nel 2009 ha premiato l’amministrazione di Mauritius fra le migliori dei paesi di area africana.

Viaggio a Mauritius, tra villaggi, spiagge e giardini - Mauritius, spiaggia nella zona del club mediterranee

Viaggio a Mauritius: il party è sul mare

“La nostra più grande ricchezza oggi è la diversità”, ribadisce Manjoo, dal banco della sua inequivocabile “Quincaillerie” di Grand Baie, “Lo vedi nel mio negozio e lo vedi nella natura e nella cucina”. Conosce le leggi del mondo, lui, che si guadagna da vivere in uno degli angoli più pittoreschi del Nord, fra giardini mozzafiato come quelli botanici di Pamplemousses con quasi mille specie endemiche, e spiagge bianchissime che verso est lasciano posto alle calette rocciose di Grand Gaube.

A Gran Baie il mare è gentile e lascia che ogni villetta abbia il suo fazzoletto di sabbia. Paradiso gourmand e del turismo alternativo ai più grandi resort, qui la diversità è anche nell’ombra della casuarina che ha scalzato la palma dalle bellissime spiagge di Mont Choisy e Trou aux Biches. Visitatele nel week end quando la gente arriva in spiaggia noleggiando per l’intera famiglia i variopinti bus di linea: è allora che va in scena un rito collettivo di tende, grigliate, giochi a ritmo della tradizionale séga, danzata come ai tempi degli schiavitù o della sua derivazione più moderna, il seggae di Racine Tatane.

Il dodo come simbolo. E un naufragio come monito

A sottolineare questo affresco di domenica del villaggio anche il sottile canto dell’organetto degli ambulanti di gelato o del gustosissimo riso fritto: una ninna nanna accompagnata dal frangersi delle onde. Che poco oltre, però, non sempre son state benevole: fate un salto a Cap Malheureux, il capo “Sventura” dove la chiesetta di Nostra Signora Ausiliatrice è l’unico, fragile, baluardo a difendere l’uomo dai marosi.

Oppure spingetevi più a est fino a Ile D’Ambre: è qui che nel 1744 s’incagliò il Saint Géran con 200 persone a bordo. Questa ennesima tragedia del mare ispirò a Bernardin De Saint Pierre, nel XVIII secolo, il suo indimenticabile racconto Paul et Virginie. I due innamorati vivono oggi, loro malgrado, di nuova vita come “testimonial” dell’isola, ruolo che si dividono con un’ altra vittima, non della forza della natura, ma dell’ottusità dell’uomo: è il dodo, docile “simil – papero” che non sapeva volare, ma nemmeno difendersi dagli europei che se ne cibarono provocandone l’estinzione oltre tre secoli fa.

La guida di  Mauritius, dove anche la terra  è colorata

Oggi la maggior parte degli europei e dei turisti sbarca nel sud dell’isola dove le coste si addolciscono di nuovo. A Sud-est, fra Belle Mare e Trou d’Eau Douce, di fronte alla sempre affollata Isola dei Cervi, ecco i più bei resort da catalogo.

Invece a sud ovest dalla deliziosa Flic en Flac,  intorno a Le Morne Brabant, ecco il paradiso degli sportivi sopra e sotto il mare: la barriera corallina da spettacolo, sulle alture verso lo Yemen Nature Escapade park si arrampica o si scorrazza in quad, mentre a riva si può scegliere il golf nei villaggi di super lusso, oppure le escursioni a cavallo o a piedi.

Si passa poi a  Chamarel dovela terra modellata a dune si fa di mille colori per effetto della luce, mentre nel Parco nazionale del Black River Gorges, costellazioni di cascate, boschi odorosi e sentieri vi terranno a ragione lontano dal mare. Quando vi tornerete, sarà per le spiagge un poco più ventose dell’estremo sud dove, fra Pointe des Pecheurs e fino a Gris Gris intere famiglie, questa volta di turisti, per lo più biondissimi e super attrezzati, attendono l’onda perfetta, declinando il surf in tutti i suoi sapori.

Villaggi, spiagge e giardini. E dimore coloniali

Ma il cuore di Mauritius batte forte anche all’interno, sull’altipiano spesso visitato da repentini acquazzoni che lasciano posto a suggestivi arcobaleni fra i picchi di Le Pouce. Lassù si sono attrezzati: sfogliando la guida di Mauritius si scopre che a Phoenix si distilla un’ottima birra, a Curepipe e Floreal si respira aria di fornitissimo outlet in miniatura, ma è a Moka che troverete quanto cercate, e si chiama neanche a dirlo “Eureka”.

E’ una dimora coloniale, sospesa nel tempo e sui giardini a sbalzo, affacciata sul piccolo mondo di Mauritius, compendio di quella perfezione definitiva ed equilibrata che si respira in tutta l’isola. Stregò Charles Baudelaire, Joseph Conrad e Mark Twain.Qui si vive dell’essenziale – compendia Barlen, potando un fiore – ma c’è tutto quel che serve per essere felici”, dice allungandoci un bocciolo d’Hibiscus. Come diceva Mark Twain? “Dio creò prima Mauritius e poi vi s’ispirò per disegnare il paradiso”. Durante un viaggio a Mauritius è davvero impossibile dargli torto.

 

Mauritius, ballerine durante a realizzazione di un video